La cucina ligure derivata soprattutto dalla cucina genovese, poggia le sue basi su vari piatti che si identificano nella ormai famosa e seguitissima dieta mediterranea. Quindi piatti scarsamente grassi, ricchi di fibre vegetali e proteine, di molta leggerezza e saporosità, ottenuti con freschissimi prodotti ittici, ortaggi, pasta (fresca e secca), carni avicole e ovine e formaggi.
La cucina raffinata era nel passato retaggio di nobili e ricchi, in quanto potevano permettersi uno o più cuochi, la cucina della povera gente spaziava dalle zuppe di ortaggi - molto meno di pesce - e, quando c'era l'occasione, piatti più consistenti con l'utilizzo di frattaglie ovine e bovine.
Immancabili, comunque negli ortaggi ripieni (verdue pinn-ne), nei "porpettoin" (polpettoni) ed in altri piatti tipici, le erbette al posto delle costosissime spezie, merce esclusiva dei nemici veneziani.
Per chi aveva un lavoro pesante e poco tempo per la tavola, come i "camalli" e i "carovana" (forzuti scaricatori di ogni tipo di merce), mete obbligate erano le "Sciamadde" (in italiano "Fiammate", botteghe di torte e farinate dove appunto, tutto era cotto con le fiamme del fuoco a legna) e le friggitorie. Nella "Sciamadda" venivano servite l'aurea farinata appena sfornata e le squisite torte di verdure caratterizzate dalla "prescinseua". Un mangiare gustoso, nutriente e di poco costo, che si poteva consumare anche in piedi, in particolare la farinata (fainà), sorta di morbida e sottilissima FOCACCIA fatta con farina di ceci, olio d'oliva e sale, spolverata di pepe appena tolta dal forno che, spesso, si ci farciva un panino.
Proprio sulla "fainà", la Repubblica di Genova emise nel 1447 un singolare decreto: (Furnari quod pretium exigere debeant in coquendo scribilitas), quale prezzo debbono esigere i fornai, per cuocere le scribilite…Il termine scribilita era l'antico nome della farinata.
Ma non solo. Altri decreti ne imponevano l'impiego di buon olio d'oliva e la misura del testo, ossia del tegame. Mentre le torte di verdure, tra cui la famosa pasqualina, erano già note anche ai "foresti" (gli stranieri). Infatti nei pranzi ufficiali indetti da nobili o potenti per illustri o noti ospiti, venivano citate come "torte di verdure all'uso di Genova". Altro cibo fatto con la farina di ceci erano e sono ancor oggi, la "panissa" e i "coccolli". La panissa è una polentina che, fatta raffreddare, viene tagliata a strisce e fritta in caldissimo e fragrante olio d'oliva, oppure tagliata a dadini e rosolata nell'olio con cipolline novelle, e spolverata di pepe. Un piatto, quest'ultimo, ormai desueto, che meriterebbe di ritornare sulle nostre tavole per la sua bontà.
Il merluzzo conservato sotto sale (il baccalà) e quello essiccato all'aria (stoccafisso), danno origine ad una moltitudine di piatti tipici genovesi e liguri. Altra leccornia, la semplice ma invitante "fugassa": calda, morbida o appena croccante focaccia di farina di frumento, irrorata d'olio d'oliva e cosparsa di grani di sale marino grosso nelle fossette lasciate dalle punte delle dita, ottenuta impastando la farina con acqua, il crescente (lievito naturale), l'olio e il sale, e fatta lievitare per molte ore prima di infornarla.
Una piccola curiosità sul pesto. I marinai sono stati nei secoli i principali involontari mezzi di interscambio tra le cucine del mediterraneo. Arrivando con le loro navi portavano spezie e prodotti da luoghi lontani e assaggiavano i piatti tipici dei porti che li ospitavano. In Liguria nei piccoli porticcioli circondati da una terra impervia e scoscesa, quando venivano avvistate le navi in lontananza, le donne uscivano di fretta dalle case. Andavano nei loro orti ricavati terrazzando la montagna e raccoglievano le foglie profumate del basilico. Nei mortai mettevano i pinoli, doni spontanei della natura, dalle proprietà afrodisiache e l'aglio che conferiva al sugo un profumo intenso.
Era allora che tornando i profumi si mischiavano, i marinai da sempre uomini rozzi e violenti, diventavano ad un tratto dolci e curiosi di nuove sensazioni d'amore.
P.S: I pinoli fin da tempi remoti erano considerati potenti afrodisiaci. Galeno, già nel secondo secolo D.C. raccomandava agli uomini di bere, prima di coricarsi, un bicchiere di miele accompagnato da 20 mandorle e da 100 pinoli.
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